Giulia Crispiani, Lucrezia Calabrò Visconti e le altre

Esasperate Eretiche Estatiche

19 September28 October 2021

Opening: 18 September, 6pm

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Almanac Inn presenta Esasperate Eretiche Estatiche, una mostra di Giulia Crispiani, Lucrezia Calabrò Visconti e le altre.


Questa è una mostra fatta per sentito dire, un libro scritto sotto falso nome, un manifesto rivoluzionario per interposta persona. È una poesia scritta a più mani, una mappa emotiva sussurrata all’orecchio e un brivido lungo la schiena: è un tempo che si ferma, per un po’ si congela, contiene tante parole già dette e tanti desideri da esprimere. Se non ci vediamo alla fine del mondo, ci diamo appuntamento all’inizio del tempo.

I. La stanza
Questa stanza è la mappa di una città che ricordi: i nomi delle vie ti sono familiari, il tuo corpo si muove prima ancora di incontrarli. Quando leggi le parole che costellano lo spazio, la voce che senti è quella di un’amica, le pareti sono calde come quelle di una casa. Questa mappa è la somma delle città in cui hai vissuto, è sentimentale e autoreferenziale. Se quando entri non sai dove andare, fammi vedere dove fa male, e ci vediamo là.

II. I corpi
La città è iscritta sulla nostra pelle come un tatuaggio. Le sue strade sono ciò che è rimasto sulle lenzuola dopo una notte insieme, i nostri corpi delinquenti sono il suo territorio. Questa stanza è una cella in cui siamo state ammassate, fianco a fianco finché il respiro non s’è trasformato in sudore, strette strette finché l’ardore non s’è trasformato in fomento. Esasperate, eretiche, estatiche. Esasperate, erratiche, isteriche. È una stanza piena di morte dedicata alle vive: è fatta per renderci più aspre, violente e fiere.

III. La luce
La luce che vedi è quella che c’è in città, se solo potessimo camminare di notte da sole. Eppure lì sotto alle luci al neon noi ci siamo dette delle cose, ci siamo cercate a tentoni in mezzo alla nebbia. Come l’erbaccia sul marciapiede illuminato dal chiaro di luna, bagnamo le lenzuola di lacrime e le stendiamo come bandiere, mentre cantiamo alla notte finché non ci prude la gola.

IV. Le voci
Questa mostra è una canzone fatta di ritornelli. È un concerto di tutte le voci che ci hanno attraversate, una retrospettiva collettiva da cantare all’unisono. Amanti, trobaries, pettegole e prefiche chiamate a raccolta tra i panni stesi, le loro risa caricate in un’arma da fuoco pronta a sparare. Uno spartito isterico, una drammaturgia per compianto. Se mi senti fischiare tu unisciti al canto, e se mi senti stonare tu urla più forte.

V. La festa
Vorremmo che questa stanza fosse anche una festa, quindi abbiamo invitato e pensato con tutte quelle che ci sono venute in mente. Chi canticchiava in dialetto, chi ballava coi tuoni, chi ha fatto danzare fantasmi, chi ha portato un tramonto. Non siamo venute da sole, ma in tante, per darci conforto e farci coraggio. Perché come ha detto Nuvola, quante lacrime devo ancora versare nella laguna affinché l’acqua diventi mare?




«Non prestate attenzione a nessuno, non parlate con nessuno e sedetevi a una certa distanza dagli altri viaggiatori. Scendete dal treno a Saint-Nom, uscite dalla stazione in direzione del treno e girate a sinistra. Seguite le indicazioni di coloro che vi incontreranno per strada, senza fare domande, camminate a gruppi di due o tre al massimo, senza parlare, fino a raggiungere il sentiero che esce dalla strada, quando dovreste camminare in fila indiana, a qualche metro di distanza le une dalle altre. Quando vi sarete avvicinate al luogo dell'incontro, fermatevi e aspettate di esservi condotte una alla volta. Poi restate immobili e in silenzio fino alla fine... Ogni discussione dell’incontro è vietata, sotto qualsiasi circostanza».


In rispetto delle norme anti covid è necessario l'uso della mascherina e mantenere il distanziamento sociale.

Almanac Inn è sostenuto da Fondazione CRT e Fondazione Compagnia di San Paolo.

 

Almanac Inn presents Esasperate Eretiche Estatiche, an exhibition by Giulia Crispiani, Lucrezia Calabrò Visconti and the others.


This exhibition is made of rumors, it is an anonymously curated edition, a revolutionary letter collectively written, a piece of poetry and a sentimental map whispered on someone’s ear with a shiver. This is where a moment freezes stories-already-told and desires-to-be-made. If I don’t see you at the end of the world, I’ll meet you at the beginning of time.

I. The room
This room is a map of a city you remember—you know which direction you’ll take, your body moves ahead of thinking. You dance through the constellation of all the voices you hear and recognize—you call it home, because the walls’ temperature tells you to. This map is the result of all the cities you’ve been to, it’s self-referential and deeply sentimental. If you’re not sure where to go when you come in, show me where it hurts and I’ll see you there.

II. Bodies
This city is tattooed on our skin—like a friendship tattoo, we share the same. Its roads are leftover marks of a night we spent together, and our delinquent bodies, the territory we shared. This room is a cell where we mingled, side by side until our breath became sweat, holding tight until our zeal turned into fuel—exasperated, heretic, ecstatic; exhausted, herratic, hysteric. This is a death room dedicated to the living—it’s built to make us rougher, more fierce and violent.

III. The light
The light is what you see when you’d walk alone at night—imagine if we could. There under the neon light, we said something to each other, we went looking for each other groping in the mist. Like wild grass on the sidewalk, we drenched our bedsheets with tears overnight and set them to dry in the sun, as in a flag-raising we sang until our throat got sore.

IV. Voices
This is a song made of choruses. A concert of all the voices that went through us, a collective retrospective to sing along with. An open call for an army of lovers, troubaires, idle talkers, mourners among the washing lines, their laughter as lethal as bullets. A hysterical score, a mourning dramaturgy—if you hear my whistle then join my chant, if I am jarring then please sing louder.

V. A party
We would like this room to be a party, therefore we have invited—and thought along with all the people who came up to our mind. Some were singing, some were dancing with thunders and others with ghosts, some came in holding a sunset. We didn’t come alone, cause we couldn’t—we needed some courage. As Nuvola said, how many tears should I shed in the lagoon for the water to become the sea?




“Do not acknowledge anybody, do not speak to anybody, and take a seat at some distance from other travellers. Get off the train at Saint-Nom, exit the station in the direction of the train and turn left. Follow the instructions of those who will meet you on the road, asking no questions, walk in groups of two or three at the most, without talking, until you reach the path that leaves the road, when you should walk in Indian file, a few metres apart. On nearing the meeting-place, stop and wait to be conducted to it one at a time. Then remain motionless and silent until the end... All discussion of the meeting is forbidden, under whatever pretext.”


Face mask and social distancing are mandatory.

Almanac Inn is supported by Fondazione CRT and Fondazione Compagnia di San Paolo.